Archeologia preventiva lungo il percorso di un metanodotto.

Quaderni della Soprintendenza Archeologica della Liguria n°4

 

REPERTI DI EPOCA POSTMEDIEVALE RINVENUTI NEGLI SCAVI E NELLE RICOGNIZIONI SUL TRACCIATO DEL METANODOTTO.

GENOVA 1992

    

 

Sono state raccolte complessivamente sedici pallottole per moschetto ad avancarica ed undici acciarini in selce di utilizzazione prevalentemente militare.

 

 

PALLOTTOLE PER MOSCHETTO AD AVANCARICA

 

Catalogo

 

Monte Bastia di Trensasco.

 

Pallottola sferica in piombo, calibro mm 16,2 g. 23

    "        "          "      "     mm 16.4 g. 24

    "        "          "      "     mm 16.3 g. 23

    "        "          "      "     mm 16.3 g. 25

    "        "          "      "     mm 16.2 g. 23

    "        "          "      "     mm 16.3 g. 24

    "        "          "      "     mm 16.2 g. 22

    "        "          "      "     mm 16.3 g. 25

 

Monte Fasce

 

Pallottola sferica in piombo, calibro mm 16.3 g. 24

    "        "          "      "     mm 16.3 g. 23

    "        "          "      "     mm 16.4 g. 24

    "        "          "      "     mm 16.5 g. 24

    "        "          "      "     mm 16.5 g. 24

    "        "          "      "     mm 16.3 g. 24

    "        "          "      "     mm 16.2 g. 22

    "        "          "      "     mm 16.4 g. 25 

 

 

CONSIDERAZIONI

 

Possiamo osservare come i calibri siano sostanzialmente uniformi e si aggirino su un valore medio di mm 16.3; questo ci dovrebbe portare ad escludere che esse possano attribuirsi ai più recenti dei fatti d'armi che videro l'impiego di fucili ad avancarica e che interessarono l'arco appenninico immediatamente a ridosso della città di Genova; cioè le operazioni militari connesse con l'assedio portato dalle truppe austriache contro i francesi del Generale Massena asserragliati in città, operazioni che si svilupparono dai primi di aprile a tutto il maggio 1800 e terminarono con la capitolazione e lo sgombero delle forze napoleoniche (Bargellini 1870: 617-23; Dellepiane 1984: 257-61). In questo periodo le armi lunghe da fanteria si erano ormai standardizzate e i calibri d'ordinanza delle forze in campo erano maggiori rispetto a quelli delle pallottole rinvenute nelle ricerche di superficie e negli scavi archeologici lungo il tracciato del metanodotto: l'esercito francese impiegava infatti in quel momento l'ottimo moschetto M.le 1777, peraltro copiato anche da altri paesi europei ed americani, in calibro mm 17.5 (Bogdanovic e Valencak 1987: 14-17); mentre la fanteria austriaca del tempo era dotata del Kommiss Flinte M. 1754/84 calibro mm 18.3 (Bogdanovic e Valencak 1987: 24-s).
I reperti in discussione vanno pertanto riferiti all'altro importante evento militare che coinvolse Genova negli anni 1746-47 ossia le lotte che videro opposti da una parte genovesi, francesi e spagnoli e dall'altra austriaci e piemontesi.
Tali lotte interessarono,tra gli altri, i siti di Monte Bastia di Trensasco presso Pino,e la montagna di Fascia. Già da allora i calibri delle armi in dotazione alle truppe austriache e francesi che vennero impiegate nei combattimenti erano uniformati rispettivamente nel 18.3 mm dell'Ordinare Flinte M. 1722 e nel 17.5 del M.le 1728 per cui anche in questo caso le nostre pallottole non possono essere state sparate dalle fanterie regolari dei due citati eserciti. D'altra parte esse furono certamente sparate e non perdute, come dimostrato dalle tracce di deformazione da impatto osservabili sugli esemplari raccolti. Il fatto che queste deformazioni nella maggior parte dei casi non siano molto pronunciate è spiegabile con il tipo di ostacolo che esse incontrarono alla fine della loro traiettoria: nel 1747, e vedremo in seguito perché ci riferiamo a questo anno, sia l'area del Monte Bastia di Trensasco che quella del Monte Bastia del Fasce erano state munite, rispettivamente dagli austriaci e dai franco-genovesi, di fortificazioni campali non permanenti, costituite perciò da argini a scarpa in terra costipata coronati da palizzate, o da gabbie in vimini pure riempite di terra, accostate, sovrapposte e guarnite da parapetti di fascine in modo da formare un riparo continuo e una linea da cui far fuoco. Questi elementi difensivi erano protetti all'esterno da un fosso continuo, impropriamente definito trincea, sul fondo del quale erano disposti paletti appuntiti e cavalli di frisia.
I colpi potrebbero essere stati sparati dall'esercito piemontese, i cui fucili da fanteria mod.1843 e mod.1844 utilizzavano ancora palle da 16.3 mm; tuttavia secondo le fonti né le forze sabaude che appoggiavano gli austriaci, né quelle spagnole alleate di Genova, operavano nei settori in esame.
Si può pertanto concludere o che le fonti siano erronee, oppure che i colpi siano stati tirati dalle milizie genovesi; per l'area di Pino e Trensasco abbiamo notizia dell'attacco di una certa consistenza portato il 7 maggio 1747 da una compagnia di 130 "scelti" agli ordini di Paolo Gentile, che riuscì a prendere temporaneamente le trincee austriache di Pino Soprano. E' probabile che durante l'attacco o per la copertura del ripiegamento si sia sparato contro le sovrastanti ridotte del Bastia.
Per quanto riguarda il Bastia del Fasce, sappiamo che venne sgombrato dai genovesi in seguito all'offensiva austriaca del 13 giugno, e che in uno sfortunato tentativo di riprendere le posizioni undici giorni dopo, cadde al comando della sua compagnia di "paesani" il nobile genovese Paris Pinelli.
Il problema che ancora sussiste è capire di che tipo di moschetto fossero dotati i genovesi in quegli anni e l'unica spiegazione plausibile sta nelle seguenti considerazioni: priva di un'industria bellica, la Repubblica di Genova, doveva per forza di cose approvvigionarsi o copiare i modelli del potente vicino stato d'oltralpe che si trovava in posizione di predominanza tecnologica nel campo della produzione di armi da fuoco.
Intorno al 1710 in Francia era in dotazione alle truppe un moschetto avente un calibro intorno ai 16 millimetri (Funcken e Funcken, 1975: 62). E' probabile che gli arsenali della Repubblica si rifornissero di questi modelli ormai ritenuti surplus nel paese di origine perché non più compatibili con il munizionamento standard. Inoltre tra i rifornimenti francesi arrivati via mare, giunsero a Genova nel maggio 1747 anche 5000 fucili
(Accinelli 1750: II, 213), verosimilmente tratti dai magazzini delle riserve, con ogni probabilità composti da armi meno moderne rispetto a quelle in dotazione alle truppe scelte. Anche la conformazione delle nostre pallottole, che spesso mostrano i segni di una produzione affrettata, ci spinge a ritenere che non si trattasse di munizionamento costruito negli efficenti arsenali imperiali o di Francia.

 

 

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